Lo studio delle testimonianze scritte riguardanti le aree indagate dal progetto nEU-Med sta procedendo con una serrata analisi dedicata alle testimonianze conservate nell’Archivio di Stato di Siena e, più specificatamente, nei fondi Bichi Borghesi, Città di Massa, S. Agostino. Qui si conservano, infatti, gli atti relativi a tre importanti abbazie che ebbero grandi interessi nella costa e nell’entroterra maremmano, fra i fiumi Cornia, Pecora e Bruna. Esse sono, rispettivamente, le abbazie imperiali di S. Antimo in Val di Starcia e S. Pietro di Monteverdi; l’abbazia di S. Bartolomeo di Sestinga: fondata da una potente famiglia lucchese nel primo scorcio del secolo XI e subito affidata anch’essa alla speciale protezione imperiale.
Delle prime due si conserva qui solo una parte delle carte, poiché i loro archivi sono andati dispersi (S. Antimo in Bichi Borghesi, Monteverdi in Città di Massa). Ciononostante queste pergamene si rivelano di grande importanza per la ricostruzione degli assetti fondiari e di potere di questo territorio. Per Sestinga si dispone, invece, di un cospicuo e coerente fondo documentario confluito in S. Agostino. Il numero complessivo di pergamene da analizzare per i secoli anteriori al XIII supera di poco il centinaio. Di esse non esistono edizioni complete e condotte con criteri scientifici. Gli studi sulla Maremma alto- e pieno-medievale, infatti, prendono in genere le mosse dagli scarni regesti primo-novecenteschi, non sempre accurati, di Alessandro Lisini.
Si è proceduto anzitutto all’acquisizione delle fotoriproduzioni delle pergamene. La loro analisi ha tenuto conto anche delle annotazioni tergali. Moltissimi sono i passaggi in cui è possibile integrare e correggere la lettura di Lisini. Non infrequenti sono, poi, gli errori di datazione, talvolta marchiani. Il popolamento di una base di dati e la sua interrogazione ci sta consentendo di ricostruire una geografia dei luoghi di potere della regione, in cui si rogarono gli atti o erano riscossi i censi; il processo di arricchimento fondiario delle suddette abbazie; il circuito di redistribuzione delle terre fiscali, soprattutto in occasione delle discese imperiali; le trasformazioni apportate dal cosiddetto “mutamento signorile”, che ebbe ricadute tanto nelle tipologie documentarie, quanto nella veste materiale degli stessi enti produttori.
Si segnala, infine, il ritrovamento a Firenze, nell’ex Gabinetto della Scuola di Paleografia, di un atto della fine del secolo X sostanzialmente ignorato dalla storiografia, segnalato da ultimo da Antonio Falce poco meno di un secolo fa, e relativo all’abbazia di S. Pietro di Monteverdi. Esso risulta di grande utilità per comprendere la storia del castello di Campetroso.